Un castello dimenticato
Si parla tanto di valorizzazione del patrimonio artistico italiano e dell’ampio ruolo che la cultura riveste nel nostro Paese, ma in molti casi si reclamizzano più le parole dei fatti. In casa nostra non mancano certo le “memorie del passato” e sebbene siano meno significative di altre ben più celebri, meritano senza ombra di dubbio un doveroso rispetto. Nella nostra città, esistono testimonianze favolose di architettura militare, di cui andiamo molto fieri, tanto da metterle “in mostra” continuamente, con una serie di eventi programmati da un calendario grandioso.
Nessuno però sembra accorgersi del loro stato di salute, nessuno si preoccupa di ciò che serve per conservarli e quali siano gli interventi necessari per non rischiare di perderli per sempre. E pensare che sono il nostro fiore all’occhiello! Ciò su cui la città ha puntato come sua grande risorsa turistica. E se questo patrimonio, come sembra, viene escluso da un possibile prossimo restauro, figuriamoci quale destino verrà riservato a quelle opere che rivestono un’importanza secondaria! Questo per dire che nei dintorni di Alessandria esiste, meglio dire esisteva, un castello in quel di Casalbagliano. Imponente e con un’alta torre merlata duecentesca, custodiva al suo interno opere di artisti locali ed era contornato da un grande giardino in cui crescevano più di 400 rose. La sua storia riecheggia ancora nel racconto di qualche abitante del luogo e in qualche antica stampa in cui il castello dimostra la sua autentica fisionomia. Ma ciò che fu, è il paradosso di come oggi è. Il castello è in piedi per scommessa e si regge solo per la solidità delle sue mura. Oppure è la vegetazione inestricabile, con un albero cresciuto proprio sulla cima della torre, ad avvinghiare e a sostenere il castello? Ogni ipotesi è superflua visto che lo stato di completo abbandono è sotto gli occhi di tutti, e da tutti è trattato come rottame per ricavar mattoni o come immondizia che non interessa più a nessuno. Il castello però è un esempio di fierezza malgrado la sua involontaria decadenza. Testimone silenzioso dell’epoca feudale ha sfidato lo scorrere del tempo, dimostrazione postuma di come l’architettura vecchia e obsoleta abbia resistito sotto l’incedere degli anni. Nonostante svariati appelli sollevati da alcuni cittadini a cui sta a cuore la sua salvezza e il suo recupero, resta il totale disinteresse non solo delle istituzioni ma anche degli stessi abitanti che indifferenti alla sua presenza, gli passano accanto, negandogli persino uno sguardo, completamente solo, abbandonato al suo sterile destino. Chi si ricorda di lui, se non i gomitoli di nuvole imbrigliati tra i merli della sua torre? Dimenticandolo, contribuiamo ogni giorno un po’ di più alla sua distruzione e a porre il fatidico fine della storia. La sua decadenza però parte da lontano, dalla mancata consapevolezza per il bene collettivo, intesa come ricchezza di tutti, dell’intera comunità. Allora, potrà essere solo colpa della nostra reiterata insensibilità se verrà annoverato tra i tanti monumenti perduti. A nulla varranno i se o i ma, quando del castello non rimarrà nemmeno l’ombra, ma una vasta e desertica spianata! Per farci cosa? Ciò che abbiamo con le nostre mani distrutto non ci verrà restituito. E quando il nulla conquisterà nuovo spazio, altro non sarà che la proiezione della nostra povertà interiore e inutile sarà guardare con sopravvenuta invidia ciò che altri con volontà e ricchezza d’animo hanno preservato.
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