Dopo Carrara: no alle violenze, ma no anche ai processi sommari
La lettera inviata dal Presidente di Lega Pro Francesco Ghirelli ai presidenti di Alessandria e Carrarese in relazione ai fatti accaduti in occasione della gara di domenica scorsa in terra toscana mi induce ad alcune considerazioni.
Premetto che, ovviamente, sono contrario, come penso tutti, ad ogni forma di violenza, non solo in occasione delle manifestazioni sportive.
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Sono, però, anche contrario ad ogni forma di criminalizzazione o di processi sommari.
Non ero presente ai fatti di Carrara e quindi non posso giudicare per testimonianza personale e neppure, ovviamente, ho potuto prendere visione degli atti in possesso dell’Autorità Giudiziaria, relativi al fermo di un tifoso alessandrino.
Per quest’ultimo si deve, ovviamente, accettare l’esito del procedimento penale (ritengo vi sia stato un processo per direttissima) con le sue garanzie di legge, fermo restando che nessuno è colpevole finché non vi sia una sentenza passata in giudicato.
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Quello che, ritengo, non sia accettabile è questa criminalizzazione ad ogni costo delle tifoserie, diciamo così, che fanno riferimento alle “curve”.
Cito testualmente la lettera di Ghirelli: “ … vi chiedo di utilizzare gli strumenti in vostro possesso per escludere dai vostri stadi quei criminali che, offendendo i vostri amati colori, si sono resi protagonisti delle violenze e delle aggressioni avvenute domenica pomeriggio”.
Abbiamo detto che un tifoso è stato arrestato ( e, mi permetto di precisare che prima di definirlo “criminale” bisognerebbe conoscere, quanto meno, la sua fedina penale e forse ancora ci sarebbe da discutere), ma gli altri?
In base a cosa sarebbero “criminali”? Sono stati identificati, esistono delle prove concrete che identifichino delle responsabilità? Si sono registrati danni a persone o a cose? Qualcuno ha ascoltato anche la versione di questi “criminali”?
I violenti devono essere puniti, ma sparare nel mucchio non mi pare proprio un atteggiamento virtuoso.
Adesso è nato anche “l’Istituto del gradimento” di cui Ghirelli invoca l’utilizzo concreto.
Facciamo il punto della situazione sanzionatoria.
C’è il processo penale per le violazioni del relativo codice e su questo siamo tutti d’accodo.
Esiste poi il DASPO, ossia il divieto di accedere a manifestazioni sportive, che, essendo considerato una misura di prevenzione, può essere emesso anche solo per una segnalazione e quindi indipendentemente dall’esito dell’eventuale processo penale relativo ai fatti cui esso si riferisce. In questo caso, quindi, la possibilità di difendersi è già molto più labile.
Adesso è arrivato l’istituto del “gradimento” in mano ai Presidenti delle società, sulla base del relativo “codice di gradimento” che anche l’Alessandria ha dovuto adottare: se non sei “gradito”, non ti faccio entrare allo stadio. Il concetto di “gradimento” è veramente vago ed inconsistente.
In questo caso, quindi, il “diritto alla difesa” mi sembra ancora più labile e impossibile da esercitare.
Non è questa la sede per fare delle disquisizioni di diritto: io voglio solo sottolineare che non ritengo giusto criminalizzare tutta una categoria di tifosi.
Si è ormai creato un clima di “caccia alle streghe” che non mi piace assolutamente: quale esempio dà un sistema che infligge sanzioni che rischiano di essere solo una manifestazione di forza, senza alcun rispetto delle “ragioni” della controparte e, direi, dei cardini stessi del diritto?
Senza le curve, senza il tifo organizzato il calcio muore.
E’ troppo forte l’impressione che ci vogliano tutti a casa, sul divano, a consumare i prodotti dei “brevi messaggi pubblicitari”.
Massimo Taggiasco