Mariotto: “Alessandria città vera, una di quelle che ti lasciano il segno”
Questa settimana la redazione di Hurrà Grigi ha incontrato Massimo Mariotto, centrocampista dell’Alessandria nelle stagioni 1995/1996 e 1996/1997
Mariotto quali sono i ricordi delle stagioni in cui ha vestito la maglia dell’Alessandria?
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Sono state stagioni molto belle, all’inizio, in quanto, in entrambe le stagioni, si partiva con il favore del pronostico ma non eravamo riusciti neppure a raggiungere i playoff. Sulla carta l’Alessandria era considerata uno squadrone. Durante il periodo estivo un noto quotidiano sportivo nazionale dava la formazione grigia in pole position per la vittoria finale del campionato. Inspiegabilmente sul campo era successo l’esatto contrario. Il Direttore Sportivo Renzo Melani aveva commesso l’errore di ingaggiare tutti giocatori capitani di varie squadre, già trentenni, inserendoli all’interno della rosa della squadra grigia. Forse l’età, forse la lotta per la leadership non si era riusciti a creare una squadra vera. Sono state due annate in cui vi sono stati momenti in cui abbiamo giocato del buon calcio ma ci siamo poi persi per strada.
Ho un grande ricordo della città Alessandria, della tifoseria: una città vera, di quelle che ti lasciano il segno.
Non sono state le mie stagioni migliori dal punto di vista calcistico: sono giunto ad Alessandria che avevo più di trent’anni con la vittoria del campionato, da capitano, ottenuta la stagione precedente nella Reggina. Ritengo di non avere fatto benissimo in maglia grigia: alla fine ricordo anche delle cose non simpatiche ed ero consapevole che mi stavo avvicinando a fine carriera. In tutti questi anni mi è rimasto il rammarico di non aver fatto bene ad Alessandria. Sono venuto questa estate in Alessandria e mi ha fatto piacere ritornare dopo tanti anni.
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L’Alessandria aveva una grande società, precisa, con dei grandi rapporti interpersonali.
Nell’estate del 1995 come è maturata la scelta di andare a giocare ad Alessandria?
Quando ero alla Reggina giocavo con Rubens Pasino, il papà Fulvio veniva sempre a vedere giocare il figlio ed è stato proprio Fulvio a fare il mio nome a Renzo Melani. Io non volevo andare via dalla Reggina ma, nell’estate del 1995, erano succede varie vicissitudini che mi avevano convinto a lasciare la Calabria. Avevo ricevuto diverse offerte ma avevo deciso di trasferirmi ad Alessandria perché sapevo che era una piazza calda scartando altre squadre che andavano per la maggiore.
Alla fine della stagione 1996/1997 si era trasferito all’Atletico Catania.
Io sono stato tantissimi anni a Reggio Calabria pur essendo nativo del Veneto e mi ero trovato bene al Sud. L’Atletico Catania mi cercava da anni perché io avevo sempre campionati di vertice e la società era guidata da un Presidente ambizioso, era stato bravo a coinvolgermi. Era stata un’altra esperienza formativa in una città impegnativa come Catania.
Mariotto ha giocato in squadre e in categorie importanti: quale è l’allenatore che l’ha allenata che ricorda con maggiore affetto?
Il mio allenatore a cui devo tutto è Alberto Bigon. L’ho avuto a Conegliano, io ero giovanissimo ed è stato Bigon a volermi a Reggio Calabria e all’Udinese: io ero il suo giocatore.
Nel 1999 Mariotto ha chiuso la carriera da calciatore. Quando ha smesso con l’attività agonistica come è maturata la scelta di intraprendere la carriera di Direttore Sportivo?
Io ho sempre avuto, in testa, l’idea di svolgere ruoli dirigenziali mentre fare l’allenatore non mi ha mai preso anche perché mi rendevo conto che ero più bravo nei rapporti interpersonali. L’intelligenza calcistica in campo è una cosa mentre trasmettere i concetti è una cosa diversa.
L’ultima squadra in cui ha fatto il Direttore Sportivo è stato il Monopoli.
Sono stato a Monopoli in quanto il Presidente della società pugliese mi aveva rivelato che avrebbe comperato il Bari portandomi con sé ma la trattativa non andò in porto.
Quali sono i suoi ricordi di Gino Amisano?
Era un personaggio, una persona simpatica, alla mano. Era un po’ il papà di tutti i giocatori. Eravamo stati a visitare la sua azienda. Non era una persona che dava molta confidenza ma il ricordo è ottimo.
Gli addetti ai lavori considerano il livello qualitativo della Serie C degli ultimi anni orientato verso il basso. Quale è la sua opinione?
La penso anche io. Ritengo noi calciatori degli anni novanta più forti dei calciatori attuali dei Serie C.
Cosa c’è nell’attualità di Massimo Mariotto?
Dopo che ho smesso di giocare a calcio ho fatto per diciassette anni il Direttore Sportivo: a Benevento, a Salerno, ho girato parecchie città. Negli ultimi due anni ho avuto un’esperienza in Svizzera, per un gruppo svizzero. Ora lavoro per l’avvocato Sorrentino: insieme gestiamo vari giocatori.