Bellini: “Gino Amisano: una persona che si era sempre comportata bene con i suoi giocatori e collaborati”
Questa settimana la redazione di Hurrà Grigi ha incontrato Andrea Bellini, difensore dell’Alessandria nelle stagioni 1996/1997 e 1997/1998
Bellini quali sono i ricordi delle annate in cui è stato giocatore dell’Alessandria?
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Ad Alessandria sono stato molto bene umanamente. Purtroppo dal punto di vista sportivo non siamo riusciti a fare quello che, in quegli anni, la società e il pubblico si aspettava di ottenere. Il primo anno, con allenatore Enzo Ferrari, con cui ho avuto un ottimo rapporto, siamo arrivati ottavi in classifica, a pari punti con la Carrarese: sono nella prima parte della stagione abbiamo lottato per il vertice della classifica. Ricordo la gara, di andata, giocata al Moccagatta contro il Siena di Corrado Orrico con lo stadio completamente esaurito. Nel girone di ritorno abbiamo disputato un campionato abbastanza anonimo. Avevamo una squadra che poteva fare qualcosa di piu’. La seconda stagione è stata travagliata: abbiamo disputato il playout, perdendolo. Inizialmente la squadra era allenata da Giuliano Zoratti e poi è arrivato Orrico: c’era confusione anche a livello societario con voci di eventuali cessioni e cambi al vertice del sodalizio. Si erano create delle situazioni che non avevano giovato al gruppo giocatori.
Come era maturata la scelta, nell’estate del 1996, di lasciare Pistoia per approdare ad Alessandria?
Prima di approdare ad Alessandria ero stato otto anni a Pistoia. Praticamente dalla Serie D, nel club toscano, eravamo approdati in Serie B, nel giro di sette stagioni. Dopo la retrocessione dalla Serie B alla Serie C, nella stagione 1995-1996, nella società si erano venuti a creare grossi problemi e non vi erano garanzie sulla partecipazione al campionato di Serie C. L’Alessandria che era una società con delle ambizioni importanti mi convinse ad effettuare il trasferimento.
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Nell’estate del 1998 Bellini lasciò l’Alessandria per ritornare a Pistoia.
In quell’estate del 1998 avevo raggiunto un accordo di massima per il rinnovo del contratto con l’Alessandria ma arrivò la chiamata della Pistoiese che mi richiamò: per me significava un ritorno a casa. Cosi parlai con il Direttore Sportivo Renzo Melani che mi liberò, facendo da tramite con il presidente Gino Amisano, e ritornai in Toscana.
Quale è stato l’allenatore che ha avuto che ricorda con maggiore affetto?
Umanamente parlando sono stato benissimo con Enzo Ferrari. Ho avuto tanti allenatori che, nel corso degli anni, sono andati per la maggiore, nel calcio che conta. A Pistoia ho avuto per due stagioni Giampiero Ventura, sono stato allenato da Walter Mazzarri. Un allenatore a cui sono molto legato è Andrea Agostinelli con cui ho vinto il playoff in Serie C1 nella stagione 1998/1999, sconfiggendo il Lumezzane 2-1.
Quali sono i suoi ricordi di Gino Amisano.
Ricordo il Presidente Gino Amisano come una persona semplice, una persona che, di primo impatto, dava la sensazione, quasi, di un pensionato. Era una persona scaltra, furba che si è sempre comportato bene con i giocatori e con i suoi collaborati. Il secondo anno era incappato in problematiche con la tifoseria che probabilmente si era immaginata un campionato di vertice, cosa che non si verificò.
Ha seguito le vicende dell’Alessandria degli ultimi anni e che opinione si è fatto?
Ho seguito le vicende dell’Alessandria molto marginalmente. Sicuramente la società ha fatto degli sforzi economici importanti per allestire organici competitivi. Ogni anno manca sempre quel qualcosa per fare il definitivo salto.
Cosa c’è nell’attualità di Andrea Bellini? E’ rimasto nel mondo del calcio?
Io ho smesso a trentotto anni di giocare a calcio nella Pistoiese. Sono rimasto per quattro anni a Pistoia nel ruolo di allenatore in seconda. Attualmente allenato una squadra di Eccellenza di Prato che si chiama Zent Audax.
Gli addetti ai lavori considerano la Serie C attuale meno competitiva della Serie C degli anni ottanta e novanta: quale è la sua opinione?
Negli anni novanta vi erano piu’ disponibilità economiche. La mancanza di queste risorse comportano la scelta di far scendere in campo ragazzi giovani che non hanno un livello tecnico che si addice ai giocatori di categoria.