Marcello Marcellini: “Io… finito dentro la storia dei Grigi come il prezzemolo nelle pietanze”
Insieme al primo radiocronista in assoluto dell’Alessandria Calcio, ripercorriamo una serie di aneddoti, ricordi e curiosità davvero imperdibili. Ad esempio, quella volta che a Reggio Emilia, nel vecchio stadio Mirabello, pur di fare le riprese televisive con relativa telecronaca, Marcello Marcellini non esitò a salire sul tetto della tribuna…
«La storia parte dal fatto che il presidente di allora, Remo Sacco, aveva acquistato tutta l’apparecchiatura per la ripresa televisiva e aveva demandato a Tito Vercelli, titolare di Audiovox, il compito di riprendere la partita e a me di commentarla, con la possibilità poi di mandarla in onda di sera nella vetrina del negozio. Arrivati al Mirabello, non ci hanno consentito di andare in tribuna stampa, o, perlomeno, in una zona coperta. Ci hanno detto: ‘Se volete riprendere, andate in cima’. Alla faccia delle norme di sicurezza! Il vecchio stadio della Reggiana era similare al Moccagatta: era sufficiente sporgersi per essere a picco sul settore dei ‘Parterre’. Ma alla fine, anche se in una situazione estremamente rischiosa, abbiamo fatto la nostra telecronaca…»
L’anno scorso, quando ho intervistato Aldo De Giglio del Pool Radio Calcio, ricordo che mi aveva raccontato l’aneddoto della ‘mappa’ delle case vicine agli stadi per poter fare le eventuali riprese, nel caso in cui non ci fosse la corrente all’interno di un impianto sportivo…
«Sì, è vero: ad esempio, quando sono andato a Civitavecchia, per fare la radiocronaca per Radio Cosmo e non c’era energia elettrica in tribuna. Non sapevo davvero cosa fare: ad un certo punto ho visto una signora sul balcone di una casa che si trovava proprio dietro una delle due curve e le ho chiesto se per cortesia potevo salire un momento per attaccare la presa di corrente, in modo che potessero chiamarmi da Alessandria. Una volta salito in casa – era il quarto piano -, la signora mi ha anche gentilmente permesso di fare la telecronaca proprio dal suo balcone. Bisogna anche tenere del conto del fatto che, nello stadio di Civitavecchia, ci sono sia la pista di ciclismo sia quella di atletica ad allungare le prospettive in maniera notevole: infatti, la porta più lontana dal punto in cui mi trovavo era a circa 200 metri. In pochi secondi, bisognava avere l’abilità di percepire nei giocatori un ‘qualcosa’ che li aiutasse a riconoscerli, oltre alla posizione che ricoprivano in campo. Per fortuna, in quegli anni, il calcio era un po’ più statico e c’era meno movimento: chi partiva ‘ala destra’ (allora si chiamava così…), giocava tutta la gara sulla fascia. E comunque, avendo una prospettiva così allungata, dovevi ricorrere davvero a tutti gli espedienti: ad esempio, tenevi conto se un giocatore aveva i capelli biondi o rossi, oppure se teneva i calzettoni giù, ecc. Quando ripenso a tutti questi avvenimenti, a volte mi chiedo cosa avrebbero detto e cosa avrebbero fatto in quelle circostanze i grandi telecronisti e radiocronisti di oggi, mentre noi facevamo tutto questo con grande passione e non per mestiere.»
…Magari si sarebbero rifiutati?
«Secondo me, sì. Lo dico con un po’ di amarezza, anche se mi sento abbastanza ‘fanciullesco’: purtroppo, tra gli alessandrini che hanno seguito il calcio da vicino, credo di essere rimasto forse uno tra i più vecchi in grado di ricordare ancora con lucidità, perché ho vissuto tutti questi anni in maniera molto intensa. Io, nella storia dell’Alessandria, ci sono sempre finito dentro come il prezzemolo nelle pietanze, perché la passione è stata sempre fortissima. Ne avrei tantissime da dire: ad esempio mi sento un po’ il precursore del subbuteo…».
In effetti, quando l’anno scorso ho intervistato Tino Pastorino (altra voce radiofonica conosciuta da tutti i tifosi grigi, nonché attuale Ufficio Stampa dell’Alessandria Calcio), mi ha raccontato il seguente aneddoto: «Ci trovavamo sempre a casa di Marcello a giocare a calciobalilla e dato che io ero molto più forte di lui (Tino pronunciò queste parole ridendo, ndr), l’unico modo che aveva per battermi era proprio quello di ‘ubriacarmi’ facendo le radiocronache di quello che stava succedendo. Così, quasi per scherzo, ci siamo inventati questo modo di commentare le partite che poi abbiamo sviluppato, nel bene e nel male e in tempi diversi».
A questo punto, non ci resta che sentire la simpatica ‘replica’ di Marcello Marcellini…
«Veramente era lui che imparava da me (sorride, ndr): comunque me le ricordo bene anch’io quelle partite, anche perché con Tino ne abbiamo fatte davvero tante…».
Un altro aneddoto che ti ha spesso contraddistinto, è quello legato alla tua somiglianza con l’attore Donald Sutherland…
«Quando avevo i capelli… In realtà, tutte le volte che qualcuno me lo diceva, per smitizzare la cosa, rispondevo sempre che io ero la sua controfigura in tutte le scene di sesso…» (ridiamo ancora entrambi di gusto, ndr).
L’incontro con Marcello Marcellini è poi proseguito con l’anticipazione di un articolo poi apparso recentemente sul blog di Museo Grigio («I gol a ‘richiesta’ e le lacrime di Gianni», visibile cliccando su www.museogrigio.it/wp/?p=498 in cui, come ha sottolineato lui stesso, si ricorda «un 7-0 subito dai grigi a Torino contro la Juventus, nell’ottobre del 1960»: un evento «talmente sgradevole, che da allora sono diventato anti-juventino. Perciò ho voluto motivare questo sentimento nell’articolo in questione: ma di questo ne parleremo in modo ancora approfondito nella prossima puntata…»