Antonietta Garau: «Più giovani allo stadio!»
Eccoci a un’altra edizione di facce da curva. Le donne scarseggiano sempre, ma questa volta la protagonista sarà una signora che sui Grigi la sa davvero lunga. Antonietta Garau ha vissuto l’Alessandria a trecentosessanta gradi. Antonietta Garau c’era, c’è e ci sarà per sempre.
Da quanto vieni allo stadio? Ricordi la tua prima volta al Moccagatta?
«Vengo allo stadio da una decina d’anni, non mi ricordo la mia primissima partita. I Grigi non sono stati una passione nata per caso, io sono sempre stata una persona sportiva nonostante donna. I miei figli, fin da piccoli sono sempre stati affezionatissimi all’Alessandria, hanno sempre visto tutte le partite al Moccagatta. In trasferta non li lasciavo andare, avevo paura, erano troppo giovani. Cambiai poi idea. Mio figlio Omar, il più grande, a mia insaputa, una domenica, andò a Como. Io lo venni a sapere dopo. Da quel momento mi resi conto che non potevo di certo impedirglielo, non sarebbe stato giusto. Decisi di andarci anche io. Loro inizialmente non ne erano entusiasti, ma era l’unica soluzione e si adattarono al compromesso. Mio figlio Saul,il più giovane, un po’ di anni fa, è mancato. Amava l’Alessandria in una maniera smisurata. Io ora vengo per lui. Vengo per fargli onore, per renderlo presente, per fargli sentire il mio. Il nostro calore. Da lui, ora, ci sono sciarpa e orso grigio di peluche. Ogni partita è un grande momento di condivisione e di commozione. Sono sempre emozioni indescrivibili.»
Sicuramente i sacrifici per una donna di casa devono essere tanti. Cosa significa per te essere tifosa? Cosa significa per Antonietta compiere quello che compie?
«Io trovo che lo spirito del vero tifoso si riveli nei momenti in cui si canta senza effettivi motivi per farlo. Esempio pratico? Domenica, sotto di due gol, al freddo, non abbiamo smesso di cantare. Noi cantiamo per farci sentire. Per rispondere ‘presente’. Siamo qui a sostenervi, è il nostro compito, siamo qui per questo. Siamo qui anche per perdere 2-0. Siamo qui per l’Alessandria. Il vero tifoso non è chi gioisce, è chi vive anche il momento di sofferenza.»
Mi hai parlato di cori, qual è il tuo preferito?
«Sono tutti cori bellissimi, a partire da ‘Son talmente deficiente’, a ‘Eccoci qua noi della Nord’, quelli a cui sono più affezionata però sono ‘Tutta l’Italia attraverserò, Orso con te per sempre sarò e la domenica stai sicuro che prendo la sciarpa e corro da te’, per arrivare a ‘Ricordo quando ero fanciullo, sognavo una maglia e un color e adesso che sono cresciuto riprovo la stessa emozione: i Grigi che scendono in campo e segnano sotto la Nord: il cuore mi batte più forte, Alessandria mio unico amor!’. Sono i cori che hanno accompagnato l’adolescenza dei miei figli e sono cresciuta, sono cresciuti sentendoli cantare e cantandoli. Mi capita spesso in macchina di canticchiarli: mia sorella è irritata e infastidita, mi chiede sempre di smetterla, ma oramai è una malattia che non va più via!»
Qual è la coreografia che più ti è piaciuta?
«Ho adorato la coreografia in notturna contro il Novara, quelle strisce dorate facevano un effetto pazzesco, io ho avuto la ‘fortuna’ di godermela dalla tribuna. Ho invece contribuito a realizzare la coreografia dei play off contro la Salernitana. Io avevo una bandierina bianca, una di quelle che formava la croce al centro della curva. Trovo ci sia un’immensa differenza tra i due momenti che ho vissuto. Vedere la partita dalla tribuna è davvero suggestivo, ti godi il calcio, ti godi la partita. Ma stare in curva… La partita te la fa vivere. Non c’è paragone.»
Hai fatto davvero tante trasferte, la tua esperienza, per essere donna, è davvero molto molto ampia. Quale trasferta, per te è stata davvero dura?
«Per me la trasferta più dura è stata ad Empoli. Io ero andata a Firenze qualche giorno prima da parenti, la domenica sarei andata ad Empoli per seguire la partita. Mio marito, la domenica avrebbe mandato in treno i miei figli ad Empoli, io sarei passata a prenderli in stazione e saremmo andati in taxi allo stadio. Dissi a mio marito di far salire i ragazzi su un Intercity, in modo che evitassero il trambusto sul treno dei tifosi. I miei ragazzi invece salirono proprio sul treno degli ultras, io me ne accorsi quando arrivarono, data la barricata umana di poliziotti. Arrivati allo stadio, le forze dell’ordine che sorvegliavano il nostro settore si rivelarono perfide e aggressive. Una di loro tiro un ceffone a un nostro ultras, probabilmente perché leggermente più rumoroso di altri. Subito dopo questo episodio, ormai distratta dalla partita, mi focalizzai sui poliziotti, che si dissero ‘arrivati sugli autobus per la stazioni li carichiamo come si deve questi qua’. Io spaventata, decisi di non riprendere un taxi per andare in stazione. Dovevo stare con tutti i ragazzi che avrebbero preso l’autobus, non dovevano toccarmi nessuno. Erano tutti ragazzini, tutti giovanotti, sarebbe stato un gesto gravissimo. Sull’autobus fortunatamente nessuno venne toccato. Questa si è rivelata una trasferta pesante per la carica di tensione che mi sono trascinata dietro per tutta la giornata. Sul viaggio di ritorno, distribuì la merenda a tutti. Mi sono sentita la mamma di quei giovani tifosi.»
Qual è il giocatore a cui tu sei più affezionata?
«Ci sono stati tantissimi grandi giocatori qui in Alessandria. Ce n’è uno però che per me ha una marcia in più. Per me questo ragazzo è ed è stato Andrea Servili. Non è un fantasista, non è una punta, non è un elegante mediano. È il portiere. Andrea per me è un signore, una persona di una grandissima profondità e di una grandissima bontà d’animo. Sono stra legata a questo ragazzo, a ciò che ci ha fatto vivere, a ciò che dimostra. Mi ricordo ancora quando c’era il rischio che andasse via. La Pro Vercelli, mi pare, gli aveva offerto un ingaggio davvero importante. Lui ci pianse sopra. Lui non voleva lasciare Alessandria, la sua famiglia stava bene qui, questa era oramai diventata la sua casa.»
La partita più bella e la partita più triste.
«Di partite belle ce ne sono state tante. Io trovo che una partita non sia bella per il risultato, ma per il modo che la squadra si pone in campo. La più triste probabilmente fu quella contro la Salernitana. Avremmo battuto chiunque, odio le partite in cui si perde a causa di fattori esterni. Perdere per demerito ci sta, perdere così no.»
Come vedi la squadra attuale? Hai delle particolari aspettative?
«Le mie aspettative si limitano al pubblico, mi auguro di vedere più giovani allo stadio. Spero vengano incentivati i prezzi per le famiglie, in modo che sia coinvolta per davvero tutta la città. Trovo che la nostra squadra sia una grande squadra, con una compagine esperta e preparata. Mi rimangio tutto ciò che ho detto e pensato sul mister. Inizialmente, per l’episodio che lo aveva visto protagonista insieme al nostro ex attaccante Fanucchi, non avevo una grande opinione di lui. Ha saputo spegnere e smentire le mie idee e i miei pregiudizi, lavorando sodo e facendosi valere. Voglio anche ringraziare il presidente. Noi abbiamo un grande presidente. È una persona davvero speciale. Ci ha salvato dal buio del baratro. Chi glielo ha fatto fare? Io mi ricordo di una partita nel periodo in cui si sapeva che qualcuno stava trattando per comprare la società. Ecco, io quel ‘qualcuno’ ce lo avevo di fianco, in curva. Mai più avrei detto che quel ragazzo che cantava a squarcia gola con me, con noi, in curva, stava comprando l’Alessandria. Mai più avrei detto che quel ragazzo, ci avrebbe salvato. Grazie presidente, e questo è un grazie sentito. È un grazie dal profondo del cuore.»