Marcello Montobbio: “La voce del mio cuore dice Grigi”
La faccia da curva di questa edizione sarà una persona davvero davvero speciale. Ha avuto un compito importantissimo per quella che è la nostra maglia, un onore immenso e un piacere straordinario. Partiamo subito per scoprire i ricordi, le emozioni e le impressioni di Marcello Montobbio!
Caro Marcello, da quanto vieni in curva? Ricordi la tua prima volta al Moccagatta?
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«Certo che me la ricordo! Era nel maggio 1975, in serie B, Alessandria 1-0 Avellino, gol di Manueli. Il ricordo più nitido e sicuramente la marea di gente che mi circondava, ero in rettilineo con mio papà, mi faceva stare aggrappato alla rete perché eravamo davvero tantissimi e stando così vicino al Campovolo vedevo i giocatori corrermi davanti. Un aneddoto simpatico è legato a Reja, l’allenatore che ora tutti conoscono: ebbene durante una partita chiese a mio padre quanto mancasse alla fine. Quella partita se vinta 3-0 ci avrebbe portati alla salvezza; terminò però sul 2-0; andammo ai play out e retrocedemmo in C.»
Cosa significa per te essere tifoso?
«Io premetto di essere juventino e premetto di aver paragonato tante volte Alessandria e Juventus, arrivando però sempre alla stessa conclusione. Tra Grigi e Juve non c’è storia. L’Alessandria è mia, è la mia infanzia, è la mia gioventù, è il mio cuore. I Grigi sopra a tutti. Quando ero giovane seguivo l’Alessandria in trasferta, poi a causa di alcuni episodi poco piacevoli ho preferito evitare. Io non sono un ultras, preferisco definirmi come un innamorato dell’Alessandria. La radio, fino all’anno scorso, nelle domeniche in cui si giocava fuori, era sempre accesa. Ora c’è Sportube, che sicuramente aiuta i tifosi che non hanno la possibilità di andare in trasferta, ma… Ti fa vivere la partita in un modo diverso. Andare allo stadio è tutta un’altra cosa. Quando ero piccolo, nelle partite più importanti, mettevano dei megafoni che trasmettevano la partita in piazzetta della Lega. Si viveva la partita tutti assieme è i boati ai gol non mancavano. Ho anche avuto l’onore di cantare l’inno dell’Alessandria. Questo è il mio più grande motivo d’orgoglio. Nel 2008 infatti, vinto il campionato di Serie D, Oliviero, un mio grande amico, mi propose di cantare il coro alla festa e anche di registrarlo in sala di registrazione con le voci dei nostri beniamini, in modo da farlo ascoltare allo stadio prima di ogni partita. È stato un grande successo, tanto grande quanto lo era quel meraviglioso gruppo di uomini, che porterò per sempre nel cuore. Cantare l’inno della mia squadra del cuore con i giocatori del cuore è stato un mix unico di commozione e adrenalina. Godermelo poi nell’ultima di campionato, con il titolo di neopromossa già in tasca, con tutta quella gente, tutto quell’entusiasmo, mi ha commosso. Ho avuto altre occasioni per ricantarlo, una su tutte la festa per Andrea Servili, uomo e portiere straordinario.»
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Cantare l’inno dell’Alessandria deve essere stato qualcosa di magico e indescrivibile, sapere che quelle parole profonde e meravigliosamente azzeccate abbiano la propria voce deve essere stata una grande soddisfazione. Ci sono dei giocatori a cui tu ti sei affezionato?
«Sì, ci sono stati due giocatori a cui io sono legato particolarmente: uno è Ciccio Marescalco, per le indescrivibili doti tecniche e per l’energia che trasmetteva. L’altro è senza dubbio Fabio Artico. Il leader per eccellenza, un signor giocatore e un uomo vero.»
Quale coro porti nel cuore? Perché?
«Quando ero giovane c’era un coro che mi impressionava tantissimo. Non tanto per la forma e per il contenuto, quanto più per il risultato. C’era un signore dalla voce baritonale tremenda. Urlava ‘Grigi Grigi Grigi’ e tutta la curva rispondeva con ‘Alè Alè Alè’. Quel personaggio aveva un timbro impressionante, si sentiva in tutto lo stadio ed era ovviamente senza megafono. Poi anche ‘Son talmente deficiente’ trovo sia davvero bello e caratteristico, non c’è coro che esprima meglio lo status di ‘tifoso grigio’.»
Quali sono state per te la partita più bella e quella più triste?
«La più bella per me è stata Alessandria-Verona con il micidiale gol di Artico sotto la Nord. Adrenalina pura. La più triste per me è stata Alessandria-Südtirol, nel Südtirol giocava Servili e quella partita fu poi sospesa causa neve. Fu l’inizio della fine, pochi mesi dopo l’Alessandria fallì e tutto cadde nel baratro. Un altra partita davvero triste è stata lo spareggio contro il Prato a Modena.»
Dammi tre aggettivi che definiscano la tua Alessandria.
«Unica, Inimitabile e Sfortunata. Unica ed inimitabile per la maglia, nessuna squadra al mondo ha una maglia come la nostra, il nostro colore è speciale. Sfortunata, perché siamo sempre arrivati sulla soglia e c’è sempre stato qualcosa che ci ha fermato. Ora la situazione è sicuramente promettente, quindi… ‘NON succede, ma SE succede…’»
Arrivati alla conclusione ti chiedo di parlarmi della squadra di quest’anno.
«Penso di dovere tanto al nostro presidente, ci è piovuto dal cielo ed è stato un miracolo. Ha fatto un gesto nobile e azzardatissimo, Di Masi è il nostro orgoglio. Per quanto riguarda il campionato sono davvero soddisfatto, stiamo disputando un’ottima stagione, i ragazzi e il mister si meritano tutta la mia, la nostra stima. Sono belle persone che si impegnano e lottano. Arriveremo lontano tutti assieme. Adoss Grison!»